Le fobie infantili
Nei bambini le fobie possono manifestarsi con pianto, collera, freezing (immobilizzazione), clinging (aggrappamento) quando si trovano di fronte ad oggetti o situazione temute, ma che non sono così pericolosi; è sempre presente l’evitamento di ciò che è temuto. Tuttavia, durante l’infanzia la differenziazione tra le paure fisiologiche del bambino e le fobie risulta più complicata per almeno due motivi.
Il primo motivo riguarda il fatto che le funzioni psicologiche responsabili del contatto con la realtà e il rapporto tra realtà interna ed esterna non sono ancora del tutto sviluppate; mentre il secondo motivo riguarda le peculiari qualità della fantasia infantile, ovvero la potenza e la fluidità della fantasia che permettono al bambino di esplorare e dare un significato ai diversi stati emotivi,tra cui la paura, l’angoscia.
Con lo sviluppo, il consolidamento della personalità del bambino e della differenza tra realtà e fantasia portano alla scomparsa della maggior parte delle paure infantili (paure per animali, buio, estranei…) o ad un eventuale nuova manifestazione, solo in fasi critiche dello sviluppo (fattori traumatici o eventi specifici).
Per questo motivo, quando parliamo di fobie infantili ci riferiamo a situazioni in cui la durata, l’intensità e la complessità delle manifestazioni d’angoscia diventano una vera e propria sofferenza psicologica che influisce sulla qualità della vita emotiva e relazionale del bambino e sul suo sviluppo fisiologico.
Una degli strumenti psicoterapeutici utilizzabili è l’esposizione graduale alla situazione temuta, davvero utile se affiancata ad un’analisi dettagliata dei possibili fattori scatenanti o delle concause. Altrettanto importante è lavorare sulla capacità del bambino di comprendere e controllare i processi di regolazione delle emozioni.
Tale capacità è rafforzabile partendo dalle etichette verbali usate per categorizzare la reazione emotiva di fronte ad un particolare evento: dire “è terribile” per tutte le situazioni ansiogene può creare una generalizzazione cognitiva e comportamentale delle manifestazioni d’angoscia.
Con l’aiuto di un termometro emotivo, il bambino può imparare a classificare gli eventi e a modulare le emozioni etichettandole con espressioni verbali diverse e graduate: “fastidiosa”, “paurosa”, “spaventosa”, “terribile”.
In questo modo, si crea una gerarchia degli stimoli ansiogeniutile a favorire un modo diverso e meno dicotomico di percepire le situazioni temute e a dargli un significato cognitivo ed emotivo più profondo.
Il riconoscimento e la regolazione delle fobie infantili può avvenire anche attraverso un lavoro specifico sulle varie componenti dell’ansia: ad esempio, tutti pensieri disfunzionali associati dal bambino alla situazione fobica possono essere modificati grazie al riconoscimento dei “virus mentali”, ovvero tutte quelle idee basate sulla dicotomia (“O non ho paura di niente o ho paura di tutto”), sull’intollerabilità, sulla vergona, sulla catastrofizzazione (“Se ho paura del buio, allora non sono un bravo bambino”) e sull’ipergeneralizzazione (“Ho paura del buio, quindi non crescerò mai”).
È necessario far riconoscere al bambino l’irrazionalità di questi pensieri e sostituirli, grazie all’aiuto dello psicoterapeuta e dei genitori, con pensieri più ragionevoli e meno patogeni, come ad esempio “Posso avere qualche piccola paura”, “Se ho paura del buioè perché sto crescendo”.
È importante che nel lavoro di cura vengano coinvolti anche i genitori che dovranno condividere metodi e obiettivi, imparare a rafforzare adeguatamente i miglioramenti del figlio e cercare di non rimanere intrappolati nei suoi comportamenti che rafforzano la fobia.
L’obiettivo della psicoeducazione con i genitori dovrebbe essere quello di supportare la loro capacità di leggere gli stati emotivi del bambino, riconoscere sia che quelle fobie possono essere una normale fase dello sviluppo del bambino, sia che rappresentano qualcosa che il bambino sta cercando di esprimere. Infine, i genitori devono anche tollerare uno stato di attesa per il cambiamento e la crescita del proprio bambino.
Un’ultima nota importante riguarda il fatto che per il bambino i fantasmi e i mostri delle sue fobie infantili esistono davvero, dal momento che sono in grado di spaventarlo; per questo motivo, è inutile contraddirlo mostrandogli semplicemente “qual è la realtà”, ma è necessario ascoltarlo e cercare di comprendere cosa, attraverso quei sintomi fobici, sta cercando di comunicare al nostro mondo adulto.
BIBLIOGRAFIA
Celi, F. (2018), La psicoterapia in età evolutiva, Hogrefe Editore, Firenze.